Gen 03

OPUS O LUPUS DEI??

images5NCL3P0IOPUS DEI O LUPUS DEI???

MASSONERIA VATICANA…

OPUS DEI ( OPERA DI DIO)
LA PRELATURA DELLA SANTA CROCE….

LA PRELATURA DELLA SANTA CROCE, SIGNI FICA LA DIGNITA E L’INNALZAMENTO DELLO STROMENTO DI MORETE SIN QUALE FU UCCISO CRISTO GESU’, FINO AL PUNTO DI DICHIARARLA SANTA….

Atti 2:23

egli, dico, secondo il determinato consiglio e prescienza di Dio, vi fu dato nelle mani e voi lo prendeste, e per mani di iniqui lo inchiodaste alla croce e lo uccideste.

LA CROCE E’ LO STRUMENTO CHE COSTRUIRONO ED USARONO GLI INIQUI PER CROCIFIGGERE ED UCCIDERE IL SIGNORE GESU’…..QUESTO STRUMENTO MALEDETTO E’ SANTO?
O E’ SANTO COLUI CHE E’ STATO IMMOLATO SULLA CROCE MALEDETTA CHE HA UCCISO GESU’?

Ebrei 12:2

tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che gli era posta davanti, soffrì la croce disprezzando il vituperio e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio.

LA CROCE…STRUMENTO DI SOFFERENZA E DI MORTE…VIENE SANTIFICATA E PORTATA AGLI ONORI, AL POSTO DI UNORARE COLUI CHE SOFFRI’ INGIUSTAMENTE SU QUEL MALEDETTO STRUMENTO DI MORTE, RISERVATO AI MALFATTORI REPUTATI MALEDETTI…

1Pietro 2:24

Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia; e per le sue lividure siete stati guariti.

INNALZANO IL LEGNO DELLA CROCE, LA DEFINISCONO SANTA…UN PEZZO DI LEGNO SANTO CHE UCCISE IL MIO SIGNORE??? QUESTO LO FANNO SOLO I CARNEFICI CHE COSTRUIRONO QULL’ARNESE DI MORTE E DI DOLORE…..QUEL LEGNO MALEDETTO, QUEL SIMBOLO LO INNALZANO..

Galati 3:13

Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»),

IL SANTO CI HA RISCATTATI SU QUELLA MALEDETTA CROCE, SI E’ IDENTIFICATO CON LA MALEDIZIONE DELLA CROCE, E SI E’ FATTO MALEDIZIONE PER RISCATTARCI DALLA MALEDIZIONE DELLA LEGGE E FATSI BENEDIZIONE PER I FIGLI DI DIO……LUI IL SANTO, IL BENEDETTO, HA PAGATO SULLA CROCE MALEDETTA IL PREZZO DEL MIO PECCATO….REPUTERO’ SANTA LA CROCE??? ME LA PORTERO’ AL COLLO??? MI FARO’ IL SEGNO DELLA CROCE?? LA INNALZERO’ COME UN TROFEO???

QUESTO LO FARANNO SOLO COLORO CHE LO HANNO CROCIFISSO E INNALZANO LO STRUMENTO DI TORTURA USATO DAI ROMANI E INNALZATO DALLA PROSTITUTA ROMANA CHE LO ESPONE COME VESSILLO DI VITTORIA SUI CRISTO ED INNALZA COLUI CHE LO HA UCCISO E SI PRESENTA COME VICARIO DI CRISTO E DICHIARA SANTA LA CROCE E NON CRISTO GESU’ IL MIO SIGNORE CHE E’ RISORTO E VIVE NEL MIO CUORE….

LA PRELATURA DELLA “SANTA” CROCE E’ L’INNALZAMENTO DELLO SPTROMENTO DI MORTE E NON DI COLUI CHE HA DATO LA VITA E NONOSTANTE FOSSE IL BENEDETTO DAL PADRE, IL DILETTO FIGLIO NEL QUELE IL PADRE SI E’ COMPIACIUTO, EGLI E’ MORTO COME UN MALEDETTO SU QUELLA MALEDETTA CROCE COSTRUITA PER I MALFATTORI MALEDETTI….INNALZEROì I PRELATI E LA PRELATURA DELLA CROCE????

Galati 1:9

Come abbiamo già detto, ora lo dico di nuovo: Se qualcuno vi predica un evangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto.

L’EVANGELO CHE VI PREDIVANO E’ QUELLO CHE PREDICAVA PAOLO???QUELLO CHE PREDICAVANO GLI APOSTOLI??? SE NON E’ QUELLO CHE SIANO MALEDETTI TUTTI COLORO CHE DICHIARANO LO STRUMENTO DI MORTE…SANTO!!!

LEGGI E POI DECIDI SE LA CROCE E’ SANTA….SE E’ CONVENEVOLE PORTARLA AL COLLO…E FACENDO QUESTO  ESSERE GRADITO A DIO, INNALZANDO LA CROCE ED I SACERDOTI CHE VOLLERO LA MORTE DI CRISTO E QUEI SANTI ROMANI CHE COSTRUIRONO LA SANTA CROCE E L’UCCISERO…..LORO HANNO UN CRISTO MORTO..L’ANTICRISTO ED IL SUO VICARIO E LE OPERE MORTE DEL LORO dio CHE VOLLE LA MORTE DI GESU’ E PER QUELL’ATROCE MORTE I FIGLI DI DIO HANNO VITA ETERNA ED INNALZANO E SANTIFICANO IL NOME DI GESU’ NELLA LORO VITA E NON LA MALEDETTA CROCE CHE L’UCCISE…

LEGGI GLI ARTICOLI CHE SEGUONO E SAPRAI CHE OPERA E’ L’OPUS DEI….E’ LUPUS DEI, COMPOSTA DA LUPI RAPACI CHE INGANNANO I SEMPLICI E LI SEDUCONO PER I LORO LOSCHI INTRALLAZZI…..

SE TI INTERESSA LEGGI….CASO CONTRARIO VAI ALLA MESSA E LASCIATI SEDURRE INSIEME ALLA MASSA….

SAI COS’E’ L’OPUS DEI…LO IOR…LA BANCA VATICANA???

La crocifissione era, al tempo dei romani, una modalità di esecuzione della pena di morte e una tortura.

La pena della crocifissione era tanto atroce e umiliante che non poteva essere comminata a un cittadino romano. Era applicata agli schiavi, ai sovversivi e agli stranieri e normalmente veniva preceduta dalla flagellazione, che rendeva questo rito ancora più straziante per il condannato. Cicerone definiva la crocifissione “il supplizio più crudele e più tetro”[1].

Il supplizio della crocifissione è tuttavia molto più antico dei romani e non sempre è legato a una struttura a croce. A volte il condannato era legato a un singolo palo, a volte a una struttura a V rovesciata. Lo scopo era tuttavia sempre lo stesso: provocare la morte, dopo una lenta agonia, che interveniva per soffocamento determinato dalla compressione del costato (a tale scopo spesso le gambe del condannato venivano spezzate con una mazza o un martello), oppure a causa di collasso cardiocircolatorio. Si presume che talvolta la morte intervenisse in seguito alla combinazione di entrambi gli aspetti. Alcuni documenti antichi parlano di crocifissione già all’epoca dei babilonesi.

prelatura

[pre-la-tù-ra] s.f.
  • 1 Dignità, ufficio di prelato
  • 2 Territorio su cui un prelato ha giurisdizione
  • 3 L’insieme dei prelati

La prelatura della Santa Croce e Opus Dei (in Latino: Praelatura personalis Sanctae Crucis et Operis Dei), più conosciuta nella forma abbreviata Opus Dei (letteralmente, “Opera di Dio”), è una prelatura personale[2] della Chiesa cattolica, l’unica esistente nell’ordinamento canonico.

Fu fondata il 2 ottobre 1928 da san Josemaría Escrivá per «diffondere il messaggio che il lavoro e le circostanze ordinarie sono occasione di incontro con Dio e di servizio nei confronti degli altri, per il miglioramento della società»[3].

Ha ottenuto lo status di prelatura personale in forza della costituzione apostolica Ut sit del 1982[4]; è retta dagli Statuti emanati da Giovanni Paolo II nel 1982[5].

È attualmente retta dal prelato, il vescovo Javier Echevarría Rodríguez.

FONTE: http://spettacoli.tiscali.it/articoli/libri/09/11/intervista-provera-opus-dei-12345.html

Violenza, plagio, sfruttamento: un viaggio “Dentro l’Opus Dei”

di Cristiano Sanna
Se hai pitato l’hai fatto comunque per tutta la vita. Impossibile tirarsi indietro del tutto, riprendersi la propria vita e i propri beni. Pitare, termine mutuato dallo spagnolo, significa fischiare, o annunciare la propria voglia di unirsi all’Opus Dei. La prelatura personale fondata dal sacerdote spagnolo Josemaria Escrivà de Balaguer, canonizzato nel 2002 da Karol Wojtyla, è un centro di eccellenza della chiesa cattolica. Gli 85.000 membri dichiarati dalla prelatura, distinti in numerari, soprannumerari e aggregati, perseguono la santità nel lavoro e nella vita quotidiana seguendo i rigidi precetti di Balaguer racchiusi negli scritti Cammino, Solco e Forgia, applicandosi poi a opere di formazione culturale, professionale e religiosa. Un’ esperienza totalizzante a cui si offrono ogni anno migliaia di giovani. Finché qualcosa si rompe, subentrano l’insoddisfazione, il senso di isolamento, spesso anche patologie psicologiche. Emanuela Provera, ex numeraria con ruoli di prestigio all’interno della prelatura, ha deciso di lasciarla e di testimoniare abusi e contraddizioni di quella che nel libro Dentro l’Opus Dei (edito da Chiarelettere) è descritta come una nuova forma di integralismo che, attraverso il proselitismo dagli asili alle residenze universitarie, attraversa l’Italia.
Emanuela, la vita di un numerario dell’Opus Dei è scandita da tre momenti che segnano l’esistenza: Ammissione, Oblazione  e Fedeltà. Spieghiamo di cosa si tratta?
“Il candidato all’ammissione all’Opus Dei pita, per così dire, scrivendo una lettera al padre capo della prelatura. Alla richiesta, a condizione che si abbia un’età di almeno diciassette anni, si risponde verbalmente e con un’azione di incoraggiamento del candidato piuttosto decisa e avvolgente. Continua così il percorso definito piano inclinato, mediante il quale, secondo il catechismo dell’Opera e attraverso un tutor, ci si rafforza nel cammino vocazionale. Una seconda cerimonia nella cappella di un centro dell’Opus Dei, alla presenza di testimoni, conferma l’Oblazione, cioè la determinazione del numerario di restare nella prelatura (in pratica la sua prima vera incorporazione giuridica). Questo impegno va riconfermato ogni 19 marzo per cinque anni. Trascorso quel periodo, la terza cerimonia della Fedeltà suggella la definitiva appartenenza del numerario all’istituzione. Per sempre”.
Come per sempre? Stiamo parlando di giovanissimi che accettano di fare una vita dedita al proselitismo, alla castità e al rispetto di regole di vita rigidissime, con tanto di catechismo aggiunto a quello che conoscono tutti i cattolici. Non sono previsti momenti di crisi o ripensamento?
“Certo, ma lasciare l’Opera è scoraggiato con sottili ricatti che inducono al senso di colpa, insistendo sul disastro spirituale e sulla presenza dell’inferno e del Diavolo al di fuori della prelatura. E in ogni caso nessuno può impedire ad un numerario di andarsene, ma i suoi beni rimangono intestati all’Opera. Chi diventa numerario deve fare testamento entro i 23 anni e destina tutte le sue sostanze all’Opus Dei. Dunque ti ritrovi solo nel mondo reale, senza un conto in banca, senza soldi, senza una casa dove stare e con un mondo di rapporti personali e affettivi tutto da ricostruire. Questo avviene spesso in età adulta, o anche nella mezza età, ma l’avvicinamento all’Opera e l’accesso alla prelatura cominciano tra i 14 e i 17 anni”.
Lei se n’è andata perché soffriva psicologicamente ed era arrivata ad assumere psicofarmaci, come raccontano altri ex numerari?
“Sì. Io mi sentivo sola, isolata, lontana dal mondo reale, oppressa da regole militaresche di mortificazione dell’ego e di violazione costante della privacy. Ero separata dalla famiglia. Più mi impegnavo in ruoli di prestigio nella prelatura, e ne ho ricoperti vari, più il senso di sofferenza e frustrazione aumentavano. Delle mie 15 compagne nella splendida residenza in cui trascorrevamo le giornate, almeno 9 usavano farmaci per combattere turbe psichiche ed emotive. Il confronto con persone dell’altro sesso era impossibile perché rappresentava una possibile tentazione contro la perseveranza. Nei primi due anni di prelatura si viene inviati in centri speciali in cui si è sottoposti ad un training intensissimo: isolati dal mondo, i neo-numerari devono raccontare tutto di sé sul passato sessuale, sull’eventuale assunzione di droghe e sul ricorso a rituali magici. Le confessioni vengono registrare in appositi moduli e passate di mano in mano ad una serie di direttori dell’Opera. Ma c’è dell’altro”.
Le sono capitati episodi di abuso sessuale o di violenza?
“Non a me personalmente. Ma l’atmosfera nei centri dell’Opera, dapprima così entusiastica e piena di motivazione, per attirare nuovi numerari, si fa via via sempre più mortificante della dignità personale. La posta, anche quella elettronica, è sotto costante controllo, la televisione è chiusa a chiave e per vedere alcuni programmi si deve avere l’approvazione dei responsabili del centro a cui si appartiene. Si dorme sul legno, si deve indossare il cilicio almeno due ore tutti i giorni e ci si deve frustare regolarmente con uno strumento di corda intrecciata dopo aver confessato peccati e tentazioni, a cominciare da quelli sessuali. Più la confessione è stata generosa più corposa dovrà essere la punizione che ci si infligge. Io comprendo il senso della penitenza cristiana e anche attualmente cerco di viverlo nella mia vita ma non condivido che la pratica della mortificazione corporale diventi praticamente un obbligo e venga imposta a ragazze/i minorenni o comunque troppo giovani per avere una capacità di difesa intellettuale. Nell’Opera sentivo ripetere come fossero dei mantra alcune espressioni che inducevano a mortificare sempre e comunque il nostro giudizio personale: una di queste, ripetuta ossessivamente e attribuita al conquistador Cortés, ricordava come quel condottiero avesse obbligato i suoi uomini a bruciare le navi con cui erano giunti in Messico, per non aver mai più nostalgia né desiderio di tornare alla terra natale. Metafora più che esplicita”.
Nel libro si parla anche di evasione fiscale e di sfruttamento del lavoro nero da parte dell’Opera, che riceve contributi di Stato.
“Ci sono numerari che svolgono un lavoro esterno alla prelatura, il cui stipendio viene versato interamente all’Opera. Per chi, invece, lavora internamente, spesso non è previsto stipendio ma neppure il versamento di contributi previdenziali a tutela del futuro. Negli statuti esiste un articolo che prevede che quando un membro dell’Opera lascia l’istituzione, non può ricevere nulla per i servizi resi anche professionalmente alla prelatura. Quando sono stata dell’Opus Dei non sono mai riuscita a visionare lo Statuto, nonostante il ruolo ricoperto che prevedeva un compito formativo verso altre persone dell’istituzione. Gli Statuti sono pubblicati sul sito ufficiale dell’Opera e sono redatti in lingua latina”.
Dell’Opus Dei fanno parte molti figli di famiglie altolocate e professionisti di alto reddito. Nel suo libro c’è anche l’esperienza di Marcello Dell’Utri. Possibile che tutti siano stati spogliati delle sostanze?
“Oh, esistono le eccezioni, come nel caso di Dell’Utri. O anche quello che poteva essere il mio caso: quando in preda alla sofferenza e agli psicofarmaci comunicai che volevo lasciare la prelatura, nel giro di poche ore mi fu offerta la possibilità di lavorare presso lo studio di un importante avvocato e di specializzarmi post-laurea all’estero. Era allettante ma rifiutai, avrebbe significato fare un compromesso e continuare a soffrire sul piano personale”.
Le testimonianze raccolte in Dentro l’Opus Dei rivelano una realtà da campo di concentramento. Ma allora perché l’ingresso nella prelatura è ambito?
“E’ frutto di un proselitismo abile e martellante che si rivolge volutamente a menti giovani e inesperte, a personalità in piena formazione. Quando a 18 anni ho cominciato a frequentare le attività formative e poi congressi Univ a Roma con i numerari di tutto il mondo, mi sembrava di vivere in una dimensione speciale. All’interno di strutture bellissime, ville di lusso, aree verdi, centri di studio perfettamente attrezzati, ero rapita dal clima di entusiasmo e dedizione collettiva. Per non parlare del privilegio di essere ricevuti dal Papa. Avevo più di trent’anni quando sono uscita dall’Opera, ma emotivamente ero ancora una bambina, un’aliena catapultata nel mondo di tutti i giorni”.
Plagio, violenza psicologica, separazione dagli affetti dei consanguinei. Come mai le famiglie dei numerari non si ribellano?
“Lo fanno eccome, è in atto una vera guerra a suon di carte legali tra l’Opus Dei e i familiari dei ragazzi introdotti da giovanissimi alla prelatura. Ma nonostante la nostra insistenza, la stampa è reticente a raccontare cosa succede all’interno dell’istituzione, a dar voce alle denunce di centinaia di genitori. E non è un caso che il reato di plagio sia stato abrogato dalla legge italiana. Però noi proseguiamo con le nostre conferenze di denuncia in tutta l’Italia”.
Emanuela, com’è la sua vita ora?
“Sono una mamma felice e una donna sposata. Ho faticosamente trovato un lavoro da consulente fiscale e amministrativa, ma molto di me è stato bruciato nella gabbia della prelatura che si è presa i miei anni migliori. Ho partecipato ad attività socialmente utili quando facevo parte dell’Opera ma purtroppo grande è stato il danno che ho subito per tutto il resto. Lo ricordo come un momento buio, quello che vivono ancora moltissime persone, non solo in Italia.”.

https://youtu.be/RDK3o2DoXy0

Permalink link a questo articolo: http://www.sanadottrina.it/wps/lupus-dei/